Anche le piante fanno l’amore?

Marco Martinelli, Divulgatore Scientifico e PhD, student presso Scuola Superiore Sant’Anna.

La risposta brevissima è sì e molto, e vi dirò di più! Più di quanto ne facciate voi.

Se credete infatti che il mondo animale o l’essere umano abbia inventato il sesso, ecco, le piante vi potranno stupire per l’immensa varietà di danze e usanze per arrivare alla copula. Il mondo vegetale ha letteralmente inventato il sesso e oggi vedremo qualche esempio di piante e dei loro metodi per riprodursi.

L’organo sessuale delle piante più evolute è il fiore e i metodi attraverso i quali i fiori comunicano tra loro per impollinarsi e arrivare a riprodursi formando il seme sono differenti. Contrariamente a quanto una persona potrebbe pensare l’utilizzo del vento per trasportare il polline è arrivato più tardi rispetto all’uso di insetti impollinatori. E le tecniche sessuali delle piante sono si sono affinate proprio per attirare e sedurre i loro insetti preferiti. Il fiore si è sviluppato e co-evoluto con gli insetti perfezionandosi sempre meglio per attirarli. Le angiosperme (le piante più evolute, quelle che avvolgo i semi nei frutti) hanno coltivato relazioni così strette da aver sviluppato specifici odori, colori e profumi per un determinato insetto, tutte atte a soddisfarlo. Quando sono comparse le angiosperme esistevano già molti insetti, i resti fossili ci dicono che c’erano coleotteri, cimici, tripidi e mosche. Questi insetti primitivi andavano benissimo per i primi fiori che avevano una struttura più semplice ma con l’evoluzione del fiore e delle sue parti anche la relazione con gli insetti è cambiata e si è specializzata.

I fiori sono solitamente ermafroditi, ossia contengono l’organo maschile e quello femminile, ma può avvenire che alcune piante abbiano fiori unisessuali, ossia solo maschili o solo femminili: questo è il caso di alcune varietà di Cannabis sativa. La pianta maschio si identifica facilmente perché ha delle palline che contengono il polline. Le piante possono essere monoiche come il mais, e quindi portare fiori maschili e femminili sullo stesso individuo, oppure dioiche, cioè una pianta maschio e una pianta femmina, come il kiwi, l’asparago, il pioppo e alcune varietà di canapa.

Nel corso di milioni di anni i fiori hanno sviluppato una molteplicità straordinaria di forme, colori, dimensioni e strutture, si sono resi più attraenti per suscitare le voglie più astruse degli insetti. I fiori della magnolia, per esempio, erano buoni per i coleotteri ma non per le api, che sono più sensibili ed evolute.

Così nel tempo i fiori si sono inventati ogni tipo di espediente: mimesi, ipnosi, trappole ma anche odori fortissimi che attirano gli insetti al punto che l’insetto vola sul fiore solo per poter rimanere stordito da quell’odore e volare via. Uno straordinario esempio d’inganno e mimesi ai danni di un’ape è quello dell’orchidea apifera, detta anche Fior d’Api, Ophrys apifera. Per l’occhio umano il fiore ricorda un’ape per i peli e i colori ma non saremmo mai in grado di capire se ricordi un’ape femmina o maschio. Il fiore ha infatti sviluppato l’aspetto per fregare le api non gli esseri umani. L’ape maschio volando pensa di trovare la femmina, si avvicina al fiore e comincia ad accoppiarsi con esso, riempiendosi di polline. Poiché non riesce a terminare la copula (si rende conto durante l’amplesso che non si tratta di un’ape ma di un inganno) vola via e auspicabilmente si fermerà su un altro fiore sul quale proverà ad accoppiarsi rilasciando in quel punto il polline di cui era ricoperto.

Attenzione però, l’impollinazione non garantisce la fecondazione per vari motivi: può essere che il polline germinando emetta un tubolo che non penetra sufficientemente lo stimma, oppure che non riesca a germinare per un’incompatibilità genetica. Questo perché il rapporto sessuale nel mondo vegetale, come nel mondo animale, non porta necessariamente a una gravidanza.

L’ape maschio anche per questa seconda volta non riesce a completare il rapporto per tanto ancora insoddisfatto se ne va. Insomma questa impollinazione si regge sull’insoddisfazione altrui e su un travestimento ingannatore. Un’ape soddisfatta infatti si rilasserebbe dopo la prestazione e garantirebbe una scarsa probabilità di impollinazione.

Ma cosa potrebbe succedere se l’insetto non dovesse mai presentarsi? L’adattamento evolutivo ha trovato una soluzione: l’autofertilizzazione.

Nonostante la natura abbia escogitato molte strategie per evitare l’autoimpollinazione, talvolta diviene l’unico modo per creare una progenie; nel caso dell’orchidea apifera, a mano a mano che il fiore invecchia si contrae e le masse di polline vengono espulse dall’organo maschile: queste masse sono costituite da steli che si conficcano nell’organo femminile e portano alla fecondazione.

Un altro esempio interessante su come le piante possano attirare insetti facendo leva sui loro appetiti è quello del maschio dell’Halictus lanuginosus, un’ape di piccole dimensioni che impollina l’orchidea Diuris pedunculata. Quest’ape spinge il labbro del fiore in modo da arrivare al nettare situato alla base. Non è raro vedere api con l’intero apparato buccale conficcato nel labbro del fiore per il puro piacere di farlo. L’ape trova buonissimo il nettare e nel fare questo si ricopre di polline che porterà sugli organi femminili di altri fiori.  Non solo appetiti sessuali o legati al cibo, anche la rabbia è motore di azione e comportamenti svariati. Ne sono un esempio eclatante le orchidee del genere Oncidium. Queste piante hanno dei lunghi ramoscelli con fiori dai colori vivaci che si muovono in cielo come insetti in volo. Il colore giallo maculato li fa sembrare api maschio del genere Centris, api territoriali che contrassegnano i loro spazi grazie a molecole odorose emesse da ghiandole speciali.

Appena un po’ di vento muove i fiori dell’orchidea, i maschi di questo genere si arrabbiano brutalmente e si lanciano contro i fiori. Così facendo, si ricoprono la testa di polline e al momento dello scontro con il fiore successivo, pianteranno la loro testa al posto giusto fecondandolo.

Sinora abbiamo parlato di api, ma le piante hanno interessi per tutte e tutti, anche per le lumache, perché sì, contrariamente a quanto uno possa credere, anche loro possono essere utilizzate per fecondare i fiori.

Notoriamente le lumache sono esseri distruttori dei giardini: con la loro lingua che contiene 14.000 denti raspano in profondità i tessuti delle piante nutrendosene. Per la loro natura, la pianta ideale deve essere bassa e vivere in ambienti umidi. Un esempio? L’Alocasia. I fiori femminili si trovano alla base del fiore e tipicamente si schiudono per primi; quando invecchiano e sfioriscono, si aprono i fiori maschili. Tale tecnica, che prevede un totale cambiamento del sesso del fiore nel tempo, è utilizzata da tantissime piante per prevenire l’autoimpollinazione. Nel periodo di fioritura questa pianta emana un odore putrescente, che per noi è terribile ma per le lumache è un profumo inebriante. Se la lumaca sale sulla pianta e arriva nella fase in cui i fiori maschili sono aperti si riempie di polline; l’accesso ai fiori femminili però è chiuso, e quindi la lumaca se ne esce delusa e pronta per tentare con il fiore successivo. Se la malcapitata trova un fiore in cui l’infiorescenza maschile è ancora chiusa, può accedere tutta impollinata ai fiori femminili così da saziare la voglia irrefrenabile che l’odore ha generato in lei. Pronta a raggiungere la fonte dell’odore smangiucchiando la pianta con la sua boccuccia dentata, la lumaca dà il primo morso, ma la pianta ha in serbo per lei un meccanismo antiviolenza. La lesione dei tessuti fa uscire un liquido caustico che brucia la lumaca e così la povera si mette in fuga. La lenta ritirata fa sì che la lumaca strisci sui fiori femminili e li impollini, e più è lenta e sofferente più i fiori si impollinano meglio.

Se riesce a uscire, ancora dolorante, può ripetere gli stessi tentativi più e più volte. Ma perché lo fa? Un insetto verrebbe tratto in inganno allo stesso modo? Assolutamente no.

Agli insetti bisogna offrire qualcosa di buono come il nettare, il polline o il miele. Le lumache invece sono ingorde e mangiano tutto ciò che possono, al punto che quando non trovano nulla di fresco arrivano a cibarsi anche di foglie in putrefazione.

Le piante sono un gran caos sessuale, hanno fiori o maschili o femminili o ermafroditi. Sono monoiche, dioiche, poligame. Possono ibridarsi e ci si possono fare innesti. Possono essere frigide, arrapate o asessuate. Sono l’emblema arcobaleno per eccellenza.

Ma anche per loro vale un’equazione che è fondamentale per tutti gli esseri viventi: uno + uno fa un altro. E la parte più importante dell’equazione è l’altro.

Perché uno da solo non fa nulla, al massimo replica se stesso.

Riferimenti bibliografici

Barbascura X, Il satiro scientifico. Riprodursi male. Sesso e amore apparentemente contro natura.

Mondarori 2022.

Bristow, A., La vita sessuale delle piante, Mondadori, Milano 1979.

Pasqua, G., Abbate G., Forni, C., Botanica generale e diversità vegetale, Piccin, Padova 2019.