Marco Martinelli, Divulgatore Scientifico e PhD, student presso Scuola Superiore Sant’Anna.
La terra è da sempre considerata origine della vita: dal terreno nascono le piante, sgorga l’acqua, si estraggono minerali preziosi.
Ma il terreno è soprattutto una grande casa per insetti e popolazioni di batteri e funghi. Considerate che pochi grammi di terreno possono contenere miliardi di batteri, centinaia di chilometri di ife fungine, decine di migliaia di protozoi, migliaia di nematodi, alcune centinaia di insetti, aracnidi, vermi e centinaia di metri di radici di piante.
A livello microbiologico si tratta di organismi per la maggior parte innocui per l’uomo ma essenziali per la vita sulla terra. Un suolo vitale e quindi ricco in organismi è essenziale per la sopravvivenza del pianeta perché la sua vitalità correla positivamente con la sua fertilità.
Ma cosa si intende per suolo fertile?
Un suolo fertile per definizione è un suolo su cui si coltivano facilmente piante rigogliose e si ottengono frutti abbondanti. Facendo uno zoom all’interno del suolo capiamo che la fertilità del terreno è una proprietà che dipende da un mix di sostanze dette “sostanza organica”.
La sostanza organica del suolo anche detta humus è formata da materia prodotta da organismi viventi principalmente piante o animali, che ritorna al suolo e subisce processi di decomposizione.
Chimicamente l’humus è composto da sostanze ricche in carbonio, azoto, fosforo ma anche sali come calcio, potassio e magnesio. Le sostanze a basso peso molecolare sono solitamente assorbite dalla radice delle piante mentre quelle ad alto peso molecolare sono solitamente scomposte da batteri e lieviti. A livello chimico-fisico l’humus è facilmente lavorabile e dai macchinari agricoli e dalle piante stesse che lo esplorano con le radici ed è in grado di trattenere tantissima anidride carbonica.
Un esempio di come fertilità faccia rima con sostenibilità ambientale.
La vita del suolo si concentra nei primi 30 cm di terreno, al di sotto infatti la quantità di ossigeno disponibile diminuisce e le condizioni per consentire la vita si fanno sempre più dure. Se foste curiosi di approfondire tutte le specie di batteri che popolano il nostro terreno e le relative caratteristiche, nel 2018 è stato pubblicato su Science il lavoro: “A global atlas of the dominant bacteria found in soil”.
Il gruppo di ricercatrici e ricercatori ha analizzato i suoli di 237 siti in 6 continenti ed hanno scoperto che solo il 2% dei tipi dei batteri campionati sono presenti in maniera consistente in quasi la metà dei suoli presi in considerazione. Sostanzialmente solo pochi gruppi di microrganismi sono abbondanti globalmente. Nonostante le famiglie siano poche, il numero di specie è molto elevato e grazie allo studio è stato possibile realizzare una sorta di atlante utile anche a capire come mantenere tutta questa importantissima biodiversità.
La vita nel suolo è abbondante e può essere fonte d’ispirazione anche per numerose tecnologie che l’uomo utilizza a scopi domestici, industriali o di ricerca.
Molti enzimi che vengono utilizzati negli smacchianti ecologici derivano da batteri o funghi, gli enzimi di restrizione per tagliare il DNA in laboratorio giungono da batteri, la DNA polimerasi (enzima che serve per fare copie di DNA) che si usa nella PCR (il processo di amplificazione di un filamento di DNA) arriva da batteri estremofili.
Nel suolo, sul fondo del mare, all’interno di grotte rimaste chiuse per millenni la vita continua a muoversi testarda e proprio in quelle aree troviamo delle risorse incredibili. Lì i batteri hanno sviluppato proteine particolari per sopravvivere e l’uomo può imparare a sintetizzarle per rendere più efficienti i processi o curare le malattie.
E’ questo il caso dei “batteri mangia glutine”.
In un recente lavoro pubblicato su Microbiology Spectrum un gruppo di ricercatori e ricercatrici ha identificato 13 ceppi di batteri del genere Bacillus sp. con la capacità di degradare 2 substrati che causano comunemente disturbi digestivi: il lattosio e la gliadina.
La cosa buffa e non sorprendente è che questi ceppi sono stati isolati da 8 caverne in 5 siti presenti in Algeria. Proprio per le difficili condizioni in cui devono vivere i “batteri delle caverne” hanno sviluppato la capacità di produrre particolari proteine che degradano molte sostanze organiche: ureasi, cellulasi, lipasi, amilasi etc ( -asi significa che taglia/degrada).
Gli scienziati hanno poi testato i ceppi per capire se possedessero anche caratteristiche probiotiche come la resistenza al succo gastrico e al fluido intestinale, ed hanno trovato che sono in grado di funzionare da fermenti intestinali. Saranno necessari ulteriori studi per capire se siano utilizzabili tal quali come i più noti fermenti lattici ma si tratta di una scoperta estremamente utile e innovativa. Un domani infatti questi batteri potrebbero essere integrati nella dieta e grazie alle loro capacità di degradare lattosio e glutine favorire la diminuzione delle relative intolleranze.
La terra è quindi una grande risorsa: per costruire, per coltivare e per ispirarci!
Bibliografia:
Baraa Rehamnia, Natuschka M. Lee, Ramune Kuktaite, Noreddine Kacem Chaouche. Screening of Spore-Forming Bacteria with Probiotic Potential in Pristine Algerian Caves. Microbiology Spectrum. Volume 10 Issue 5. October 2022.
Manuel Delgado-Baquerizo, Angela M. Oliverio Tess E. Brewer, Alberto Benavent-González, David J. Eldridge, Richard D. Bardgett, Fernando T. Maestre, Brajesh K. Singh, Noah Fierer. A global atlas of the dominant bacteria found in soil. Science. 359, 320–325 (2018).
Johannes Lehmann & Markus Kleber. The contentious nature of soil organic matter. Nature. Vol 528, 3 (2015).