Marco Martinelli, Divulgatore Scientifico e PhD, student presso Scuola Superiore Sant’Anna.
Microbiota: i batteri amici del corpo da tenere cari!
L’organismo umano è colonizzato da trilioni di microbi e prima di iniziare a raccontarvi le ultime dal mondo microbiologico nonché l’importanza di queste popolazioni batteriche dobbiamo capire meglio alcuni termini: con la parola microbioma si intende tutti i geni dei microbi che si trovano in varie posizioni nel corpo di un individuo; con la parola microbiota intendiamo il totale dei microrganismi, in modo quantitativo e qualitativo, che è presente nell’uomo.
L’ospite umano e il microbiota si sono co-evoluti a beneficio di entrambe le parti, si tratta di una simbiosi, ossia una partnership vantaggiosa e per l’uomo e per i batteri.
Le popolazioni microbiche sono ovunque ma l’esempio più eclatante è sicuramente quello intestinale.
Da un lato, l’ospite fornisce spazio, condizioni adeguate e cibo per la crescita del microbiota intestinale e questo a sua volta partecipa generalmente all’ottenimento di sostanze utili come vitamina K e vitamine del gruppo B e induce resistenza a varie infezioni.
Quando questo equilibrio è disturbato (disbiosi) per vari motivi, come l’uso ripetuto e inappropriato di antibiotici o abuso di alcol, possono insorgere condizioni patologiche, come lieve infiammazione intestinale cronica o disturbi metabolici.
I numeri del microbiota intestinale sono incredibili: nello stomaco troviamo 10^3 – 10^4 batteri, nel duodeno 10^5-10^6, nell’ileo 10^8-10^9 batteri per grammo.
Una quantità di batteri che arriva fino a 10^12 nel colon ed ha un ruolo centrale con effetti sulla salute, la dieta e lo sviluppo e gestione di molte patologie. Il microbiota è in grado di influenzare molto il sistema immunitario: può attivarlo contro certi patogeni oppure inibire risposte immunitarie inutili garantendo benefici all’ospite.
Il consumo di probiotici, ossia fermenti lattici, favorisce la crescita di microrganismi desiderabili, sconfiggendo batteri potenzialmente dannosi e rafforzando le difese dell’organismo. Sono diversi i lavori scientifici a supporto di questa tesi, colture come quelle di Lactobacillus acidophilus e Bifidobacterium, Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus hanno dato numerosi risultati positivi sia grazie alla loro azione antimicrobica sia per la riduzione dei livelli di colesterolo nel siero ma anche ridurre i sintomi allergici, aiutare in caso di intolleranza al lattosio, prevenire l’ipercolesterolemia e l’osteoporosi.
Ma come si forma il microbiota intestinale? La prima a passarci i batteri è la mamma al momento della nascita. Poi sarà l’alimentazione a modificare le popolazioni batteriche. Non stupisce che le popolazioni microbiche dell’intestino cambino a seconda della provenienza geografiche dell’uomo che andiamo ad analizzare.
Ad esempio la biodiversità del microbiota intestinale nei bambini che vivono nelle zone rurali (Paesi in via di sviluppo, o in zone di campagna/montagna) è maggiore di quella dei bambini nei Paesi sviluppati che vivono in grandi città. In uno studio condotto tra caucasici e asiatici (cinesi) negli Stati Uniti e a Hong Kong è stato notato che esistevano differenze qualitative e quantitative nel microbiota intestinale.
È stato riscontrato che i bambini provenienti da un paese dell’Africa occidentale (Burkina Faso) presentavano un’elevata presenza di Bacteroidota con una maggiore presenza del genere Xylanibacter e Prevotella (che permettono l’idrolisi dello xilano e della cellulosa) con una ridotta presenza di Bacillota. Questo perché queste popolazioni hanno una dieta ricca in vegetali e per ottimizzare l’assorbimento energetico di questi alimenti si sono selezionati batteri intestinali che aiutano l’ospite a digerirli. Il microbiota intestinale può quindi aiutare l’ospite a ottimizzare il proprio apporto energetico derivante dalle fibre alimentari in base all’alimentazione e ai fabbisogni, proteggendolo così anche dai processi infettivi e infiammatori.
In particolare in condizioni ottimali avere un popolazione di buoni batteri intestinali correla con un rischio ridotto di sviluppare il cancro al colon. Si stima infatti che il 20% dei tumori umani siano legati a condizioni di infiammazione cronica e/o infezioni persistenti. L’infezione da Helicobacter pylori è spesso associata ad ulcera e cancro gastrico, il virus dell’epatite B e il virus dell’epatite C possono facilitare il carcinoma epatocellulare, i disturbi metabolici possono contribuire allo sviluppo del cancro del colon-retto. Secondo gli studi, la composizione del microbiota intestinale può contrastare il meccanismo della cancerogenesi sia attraverso la dieta che attraverso il suo effetto antinfiammatorio sulla mucosa intestinale.
Alcune ricerche hanno persino dimostrato che alcune popolazioni batteriche possono favorire la formazione di un tumore. In particolare è stata osservata un’associazione tra Fusobacterium nucleatum e cancro del colon-retto.
Il microbiota intestinale inoltre varia nei casi patologici, ad esempio, nei pazienti con cancro del colon-retto, è caratterizzato da una maggiore presenza della famiglia delle Clostridiaceae (come quelle del genere Clostridium) e da un aumento di Bacteroides e Bifidobacterium spp. Al contrario, il microbiota intestinale degli individui con un rischio ridotto di sviluppare il cancro ha un’elevata popolazione di batteri produttori di lattato, come l’Eubacterium aerofaciens e la Lactobacillaceae phyla, ossia molti di quei lattobacilli che si trovano nello yogurt [Colella M. et all].
Non solo tumori ma anche psiche. Il nostro intestino ha più neuroni del cervello e anche grazie ai suoi batteri intestinali può incidere sullo sviluppo di patologie psichiatriche. Poiché gli stati emotivi sono processi che rappresentano un dialogo reciproco cervello-corpo, ma il cervello è anche nell’intestino, l’interazione tra il microbiota intestinale e il sistema nervoso centrale ha acquisito un significato speciale ed è stato denominato come “asse intestino-cervello”. Si tratta di una comunicazione bidirezionale tra batteri intestinali e cervello, comunicazione che avviene attraverso il sistema nervoso, endocrino e immunitario.
Le alterazioni nella composizione del microbiota intestinale umano sono state collegate a disturbi dell’umore e disturbi neuropsichiatrici e, a loro volta, a squilibri dei neurotrasmettitori. Prove crescenti hanno collegato il microbiota intestinale con i sintomi del disturbo dello spettro autistico, i pazienti sono infatti regolarmente colpiti da problemi gastrointestinali e dalla disbiosi del microbiota intestinale. In termini di stati emotivi, questo asse è coinvolto anche nella regolazione delle risposte legate allo stress, in particolare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
A questo proposito, nei pazienti con depressione sono state riscontrate alterazioni nei sistemi metabolico, immunitario ed endocrino, indicando un’associazione tra la fisiopatologia della depressione e il microbiota intestinale. Inoltre, il microbiota intestinale dei pazienti depressi è significativamente diverso da quello dei pazienti sani.
Questa potrebbe essere una conseguenza della depressione ma potrebbe essere anche una con-causa. La modulazione negativa del microbiota intestinale e la neuroinfiammazione potrebbero alterare la funzione cerebrale e avere un’influenza sui comportamenti depressivi e di tipo ansioso ma anche a malattie neurodegenerative. Sembra infatti che le popolazioni batteriche svolgano un ruolo chiave nel processo di invecchiamento, nella perdita di qualità e forza dei muscoli, nella perdita di massa scheletrica e nel declino della funzione cognitiva [Grau del Valle C. et all].
Ultima informazione che voglio darvi che riguarda i batteri ma non quelli intestinali è il loro ruolo nel farci venire le rughe. Come dicevamo all’inizio dell’articolo il microbiota si divide in varie zone del corpo, con specie microbiche diverse a seconda della sede. Sui genitali ci sono alcuni batteri, sulla pelle altri e nell’intestino altri ancora.
Quando siamo giovani tra i 15 e i 25 anni il batterio principale che sta sulla nostra pelle è il Cutibacterium acnes. Lo studio ha messo in luce che crescendo aumenta la diversità microbica ossia troviamo specie diverse. Questo perché invecchiando cambia anche la quantità di sebo che produciamo oppure perché magari usando certi tipi di cosmetici alteriamo la popolazione dei batteri.
Il risultato dello studio è che certi tipi di batteri come alcuni actinobatteri e firmicutes come lo Stphylococcus equorum o lysobater o Kocuria sono associati a un minor numero di rughe e una complessiva riduzione dello stato infiammatorio della pelle mentre batteri del genere Brevibaterium (uno dei batteri responsabili della puzza dei piedi) sono associati maggiormente allo sviluppo delle rughe a zampa di gallina. Quindi per concludere, se volete rallentare l’invecchiamento c’è una preoccupazione in più, dobbiamo preoccuparci anche dei batteri che vivono su di voi 😉
Bibliografia:
Grau del Valle C, Fernandez J, Solà E, Montoya-Castilla I, Morillas C, Banuls C. Association between gut microbiota and psychiatric disorders: a systematic review. Front. Psychol. 2023. doi.org/10.3389/fpsyg.2023.1215674
Colella M, Charitos IA, Ballini A, Cafiero C, Topi S, Palmirotta R, Santacroce L. Microbiota revolution: How gut microbes regulate our lives. World J Gastroenterol. 2023 Jul 28;29(28):4368-4383. doi: 10.3748/wjg.v29.i28.4368.
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